Se sei a Stoccolma e vuoi fare un viaggio che ti porti oltre i confini della Svezia, il Museum of Ethnography è la tappa perfetta. Situato accanto al verde di Gärdet, questo museo custodisce storie e testimonianze provenienti da ogni angolo del pianeta: dalle antiche culture delle Americhe alle civiltà asiatiche, dalle popolazioni africane alle tradizioni artiche.
Visitare il Museum of Ethnography significa esplorare come le diverse comunità abbiano vissuto, creato e tramandato saperi nei secoli. Non si tratta solo di oggetti esposti, ma di racconti che collegano la storia dell’umanità al presente, mettendo in luce i valori di diversità, scambio e dialogo tra culture.
La storia del museo

Le origini del museo risalgono al XIX secolo, quando esploratori e viaggiatori svedesi riportavano in patria oggetti raccolti nei loro viaggi intorno al mondo. Nel 1900 la collezione iniziò a prendere forma all’interno del Nationalmuseum, per poi trovare una sede autonoma nel 1980 con l’apertura dell’attuale edificio a Gärdet.
Oggi il Museum of Ethnography conserva oltre 100.000 oggetti e un vastissimo archivio fotografico e documentario. L’obiettivo non è solo mostrare reperti, ma raccontare le storie dietro di essi: chi li ha creati, come venivano usati e quale significato avevano nella vita quotidiana delle comunità d’origine.
Cosa vedere al Museum of Ethnography
Collezioni dalle Americhe
La sezione americana porta dentro rituali, artigianato e vita quotidiana dei popoli nativi. Oltre a maschere cerimoniali, abiti e strumenti musicali, trovi oggetti legati alla sfera spirituale — sonagli, effigi, amuleti — che raccontano il rapporto con antenati e natura. Il museo conserva grandi nuclei di materiali raccolti da spedizioni in Centro e Sud America: i pannelli aiutano a distinguere gli usi rituali da quelli quotidiani e a capire come la colonizzazione abbia trasformato significati e tecniche. Il taglio è comparativo: le voci dei curatori mettono in dialogo culture diverse per mostrare affinità e contrasti.
Arte e spiritualità asiatica
In Asia si passa dalle statue e oggetti rituali del buddhismo e dell’induismo a tessuti, lacche e ceramiche che raccontano l’estetica del quotidiano. In questo momento spicca la grande mostra “Yōkai – Spirits of Japan” (fino al 22 novembre 2026): parte dalle xilografie dell’epoca Edo (Hokusai, Kuniyoshi, Kyōsai, Yoshitoshi, Sekien, Kunisada) e arriva fino ad anime, videogiochi e horror contemporaneo, con un percorso interattivo (danza Yōkai, stamp rally, stanza 15+ dedicata ai film Ringu/Ju-On). L’exhibit include anche un ponte con il folklore nordico, mettendo a confronto spiriti giapponesi e figure svedesi come Näcken.
Africa e culture materiali
Qui l’attenzione è doppia: maestria tecnica (metalli, legni, avori) e storia dei percorsi degli oggetti. La nuova permanente “Back to Benin” fa luce sui bronzi e avori del Regno di Benin (Nigeria): come arrivarono nei musei europei dopo il saccheggio britannico del 1897, perché oggi sono simbolo del movimento globale per la restituzione, e quali decisioni recenti hanno preso istituzioni europee e nordamericane (incluse quelle svedesi) per ritornare parte dei pezzi alla Nigeria. È un racconto potente che unisce arte, politica e memoria.
L’Artico: Inuit e altri popoli circumpolari
Il percorso artico mette al centro l’ingegno nel sopravvivere tra neve e ghiaccio. Colpiscono gli anorak in pelle di foca (anche per bambini), le goggle da neve a fessura contro l’abbagliamento e le piccole figure scolpite raccolte tra Ottocento e primo Novecento. Una parte proviene dalle raccolte legate al grande esploratore Adolf Erik Nordenskiöld (spedizioni in Alaska e Groenlandia), che documentano tecniche di caccia, migrazione e lavoro sui ghiacci. La rotazione periodica dei pezzi mette in evidenza materiali e funzioni (caccia, pesca, viaggio) e come l’ambiente abbia modellato forma e uso degli oggetti.
Mostre temporanee (sempre in aggiornamento)
Il museo alterna rassegne che indagano temi attuali. “¡Viva México!” riflette su identità, sincretismi e sul Día de Muertos (teschi, fiori, storie di resilienza) con testi multilingue; “Ongoing Africa” e “Japan – image and self-image” ampliano lo sguardo su rappresentazioni e stereotipi (alcune sezioni sono temporaneamente chiuse in attesa di riallestimenti). Il calendario cambia durante l’anno: vale la pena verificare le mostre attive al momento della visita.
“The Storage – un tesoro etnografico”
È il deposito aperto del museo: 6.000 oggetti visibili tra scaffali e vetrine — dalle custodie per esche ai “monkey traps”, dalle frecce avvelenate a maschere e contenitori — con tablet per consultare schede e percorsi tematici. Pochissime etichette, tanta esplorazione libera: è pensato per curiosi di ogni età e rende trasparente come funziona (e cosa conserva) un museo di “cose del mondo”.
Info utili per la visita

Orari
- Martedì – Domenica: 10:00 – 17:00
- Lunedì: chiuso
- Chiuso il 24, 25 e 31 dicembre e il 1° gennaio.
Biglietti
- Ingresso gratuito per tutti i visitatori, un incentivo perfetto per includerlo in ogni itinerario culturale a Stoccolma.
Come arrivare
Il Museum of Ethnography si trova a Gärdet, non lontano da Djurgården. Puoi raggiungerlo:
- con la metropolitana (fermata Karlaplan) e una passeggiata di 10 minuti,
- in autobus con le linee che fermano a Museiparken,
- oppure in bicicletta, sfruttando le piste ciclabili che collegano l’area al centro.
Curiosità
📌 Lo sapevi?
- Il museo possiede una delle più grandi collezioni di oggetti indigeni delle Americhe conservate in Europa.
- Tra i pezzi più noti c’è una collezione di oggetti legati alla spedizione di Vega, la nave che compì il primo passaggio a nord-est nel 1878–1880.
- Nel cortile del museo si trova una suggestiva installazione all’aperto che richiama i legami tra natura e cultura, spesso utilizzata per laboratori didattici.
Conclusione
Il Museum of Ethnography di Stoccolma è molto più di un museo etnografico: è un luogo che unisce passato e presente, storie locali e globali, oggetti e persone. Perfetto per chi vuole capire come le culture del mondo siano collegate tra loro e quale ruolo abbiano avuto nei secoli nel definire la nostra identità comune.
Un museo che sorprende per la sua ricchezza e la sua capacità di emozionare, adatto sia agli appassionati di storia che a chi cerca un’esperienza diversa durante un viaggio a Stoccolma.
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